Ultra liquida

  • Il salottino presentato in mostra si compone da mobili progettati dalla designer svizzera Aurélie Vial, concepiti per la collaborazione con il CAN (Centre d'art Neuchâtel) e riadattati per Ultra liquida. Il mobilio è stato elaborato per essere trasportabile, riutilizzabile, modulabile e disegnato in modo che La love machine possa attivarlo a seconda degli eventi e delle collaborazioni a cui partecipa. Si tratta dunque di uno spazio di lettura nomade e in continua evoluzione. La selezione che compone la biblioteca mobile facente parte di questo progetto rispecchia l'impegno de La love machine per le letture femministe, intersezionali e interdisciplinari; in aggiunta a questi scritti, una proposta di testi da parte dell’Associazione +41 viene messa a disposizione durante la mostra per la consultazione, con lo scopo di creare per lo spettatore un momento di pausa, di incontro e conoscenza letteraria.

    Nata nel 2019, La love machine è un collettivo che realizza progetti culturali, femministi, digitali e intersezionali in cui i libri sono il punto di partenza e il centro della riflessione. Con sede a Losanna, il collettivo nasce anche come polo di mutuo aiuto, incontro, collaborazione, sostegno e solidarietà per chiunque s’identifichi come donna, trans o non binario. La love machine è anche una piattaforma di condivisione che mira a scambiare strumenti e a considerare come sia possibile (o meno) unirsi per migliorare lo status dei lavoratori e delle lavoratrici della cultura, fornendo supporto per procedure amministrative e artistiche.
    Alcuni dei loro progetti sono: residenza e creazione di un reader, CAN – Centre d'art Neuchâtel (Neuchâtel, 2023), installazione No One Belongs Here More Than You (in collaborazione con la designer Aurélie Vial) durante la mostra Etat des lieux (Losanna, 2022), collaborazione con Davide-Christelle Sanvee e creazione di un reader e club di lettric*, Cabane B. (Berna, 2022), La love machine cuisine, Hyperaktiv (Renens, 2022) e La love machine s’installe, standard/deluxe (Losanna, 2021).

    Aurélie Vial (1992) è una designer svizzera che vive e lavora a Parigi. Nel 2016 si laurea in design industriale presso l'ECAL. Vial ha lavorato a progetti di design e scenografia con il designer francese Pierre Charpin.

  • CIMA è un portasapone concepito dal designer ticinese durante un atelier-studio presso l’ECAL di Losanna diretto da Grégoire Jeanmonod. Basato sul riciclo dei materiali e sul riuso della plastica, il design di questo portasapone e il suo ciclo di produzione – dalla tritatura alla pressofusione – sono stati realizzati con le macchine di “Precious Plastic”. Per CIMA è stata scelta, tra le tante plastiche che inquinano e riempiono il nostro pianeta, il polietilene ad alta densità (HDPE) proprio per le sue interessanti proprietà di riciclo. L'HDPE può infatti essere riutilizzato quasi all’infinito.

    SCALINO è una panchina concepita durante il workshop all’ECAL di Industrial Design con Philippe Malouin per Junkyard Diving, che incoraggiava a prendere ispirazione da oggetti trovati in un centro di riciclaggio di metalli e a cercarene nuove funzioni. La panchina SCALINO è nata convertendo un gradino di una scala mobile utilizzandone le componenti tubolari provenienti dalla discarica. Il metodo con cui Aguet ha realizzato SCALINO prende il nome di upcycling.

    Dario Aguet (1997) è un designer industriale ticinese. Dopo i suoi studi liceali si trasferisce a Losanna dove ottiene un Bachelor in Design Industriale presso l’ECAL. Attualmente frequenta un Master presso l’Aalto University School of Arts, Design and Architecture a Helsinki. La maggior parte dei suoi progetti prendono ispirazione dalle questioni ambientali e dai cambiamenti climatici che affliggono i nostri tempi, riflettendo anche su come la sostenibilità applicata al design possa essere una soluzione per diminuire l’impatto dell’uomo sul pianeta terra. Nel corso degli anni Aguet ha preso parte alle seguenti manifestazioni: JUNKYARD DIVING BACHELOR INDUSTRIAL DESIGN ECAL, Padiglione della Svizzera, Salone del mobile Milano (Milano, 2023), ECAL DIPLOMAS (Losanna, 2022), Paysans designers, l’agriculture en mouvement, MADD (Bordeaux, 2021), Accessories for the Eden, Villa Noaille (Hyères, 2021–2022) e Biennale di Design (Saint-Étienne, 2021–2022).

  • RIVERS - Au creux des larmes comprendre le vertige è una serie fotografica che prende ispirazione dalle figure mitologiche delle Naiadi. Si dice che le Naiadi potessero vivere per migliaia di anni rimanendo sempre giovani e belle. Erano guaritrici e per questo i malati venivano a bere l'acqua delle loro sorgenti. Si dice anche che la sola vista di una Naiade fosse rischiosa perché poteva portare a una temporanea follia. Per questo suo progetto, Eden Levi Am invoca le Naiadi e propone una nuova mitologia che lascia spazio all'intimità, permettendo alla donna di entrare in comunione con la natura circostante, fatta di argilla e acqua. RIVERS è una narrazione che va controcorrente rispetto a un'estetica bianca ed eteronormativa, è una contro-narrazione, un desiderio di scioccare paesaggi mortificanti, proponendo una storia più rivoluzionaria e complessa. Un luogo in cui ripensare le apparenze che limitano il corpo. Con i suoi scatti, l’artista invita i bagnanti a popolare i fiumi, a lasciarsi andare nell'acqua dolce e a essere orgogliosi del proprio posto nella società odierna.

    Eden Levi Am (1992) è un’artista di Ginevra che lavora con la fotografia digitale e analogica, la performance, il video e il suono. Dopo essersi diplomata al Centre de Formation Professionnelle Arts (CFPA) di Ginevra, nel 2016 inizia l'École Supérieur presso la scuola di fotografia del Centre d'Enseignement Professionnel de Vevey (CEPV). Tramite il medium fotografico, Eden Levi Am racconta storie intime che portano alla luce le realtà nascoste dell'identità di genere, della razza e delle minoranze sessuali. Con le sue opere crea delle visioni intersezionali femministe che riflettono sull’identità di genere. Eden Levi Am ha partecipato a numerose esposizioni sia in Svizzera, sia all’estero, tra le quali: Close to me, Urgent Paradise (Losanna, 2023), River, Paraponera Festival, Galerie Forde (Ginevra, 2022), Extra Soleil, Grotte Saint Michel d’eau douce (Marsiglia, 2022), Queer Archive Festival (Atene, 2020), OSMOSCOSMOS – 50JPG, Centre de la Photographie Genève (Ginevra, 2019), Luststreifen Film Festival (Basilea, 2019).

  • Préleveuse marégraphique è uno strumento ideato nel 2022 per registrare, in modo essenzialmente meccanico, i movimenti di una marea crescente sulla costa belga (Zwin) del Mare del Nord. Testimone della sua stessa immersione, questo strumento ha cercato di memorizzare e registrare le variazioni di un paesaggio instabile.

    Caméra à vent, è uno strumento di registrazione che è stato installato nel 2022 in una depressione geologica in alta montagna (Grand Cor, 2584 m, Fully, VS). Questo dispositivo, che funziona in base alla forza e alla direzione del vento, ha esposto immagini su pellicola d'argento. In questa diversa lettura del nostro ambiente, i risultati raccolti durante l’esposizione rivelano un paesaggio che diventa la materia della sua stessa astrazione.

    Questi strumenti empirici sviluppati dagli artisti trascrivono paesaggi in movimento attraverso le particolarità che li compongono. Testimoni di ambienti instabili, queste macchine agiscono autonomamente, sondando il loro ambiente fluttuante e restituendo frammenti poetici di suono e vista. Per Ultra liquida il duo vallesano ha voluto presentare queste due installazioni associandole a un video composto da una sequenza di filmati realizzati durante le esperienze a Zwin e al Grand Cor. Tramite l’esperienza video, mare e montagna si fondono in un tutt’uno, restituendo allo spettatore i dati e l’esperienza vissuta dai due artisti.

    Rémy Bender (1988) è un artista pluridisciplinare vallesano. Dopo un Bachelor in graphic design all'Édhéa a Sierre, studia Arti visive all'ERG (Ecole de Recherche Graphique) a Bruxelles, partecipando a uno scambio Erasmus con l'E[AD] a Valparaiso, Cile. Ottiene poi un Master in Arti visive presso la HEAD a Ginevra. La sua riflessione artistica si orienta verso la realizzazione di immagini in movimento generate grazie alla collaborazione di fenomeni naturali come la forza del vento, dell'acqua e del sole. Rémy Bender è membro e fondatore del Collectif Facteur e dell'associazione transdisciplinare Les affluents.

    Basile Richon (1990) è un artista, musicista e graphic designer belga-svizzero che vive e lavora a Sion. Diplomato all'Ecav/Édhéa nel 2011, ha proseguito gli studi all'ERG a Bruxelles dove ha conseguito il Bachelor in Arti plastiche, visive e spaziali nell'ambito di uno scambio di un anno al CENART (Centro Nacional de las Artes) di Città del Messico. La ricerca artistica di Richon si concentra sulla realizzazione di installazioni sonore, interattive e cinetiche che presenta sotto forma di performance. Attualmente insegna come docente e assistente nel corso di preparazione alle arti visive presso l'Édhéa.

    Dal 2017 Bender e Richon stringono un sodalizio e creano un duo artistico. Sempre nello stesso anno portano a termine la loro ricerca sonora e visiva Stations Cinétiques. Attualmente il duo lavora a ricerche e progetti comuni anche in collaborazioni con istituzioni come ETH di Zurigo.

  • Delfino Fidel, con un’abile combinazione di oggetti di uso comune, dà vita a piccole sculture che ironizzano su temi prevalenti nella società contemporanea. Attraverso un sarcasmo amaro, egli affronta questioni di profonda complessità con l’intento di offrire nuove prospettive e stimolare la riflessione.
    Le tre opere in mostra trattano delle problematiche che, oggigiorno, suscitano grandi preoccupazioni, ma anche molta indifferenza.

    Con Rotisserie l’artista propone una satira in relazione al surriscaldamento globale e alle sempre più intense ondate di calore che colpiscono ogni parte del mondo. Andando a sostituire il globo del mappamondo con un polletto allo spiedo, egli mette in tavola il sentimento di incertezza riguardo al futuro e la paura che lo accompagna.

    AI takeover, invece, tratta in modo delicato il sopraggiungere dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro. Un fenomeno che rappresenta una minaccia soprattutto per i cosiddetti “colletti bianchi” da cui l’artista trae letteralmente ispirazione. Con una pila di colletti bianchi e ventola di raffreddamento integrata nell’installazione, l’artista intende evocare l’immagine del drastico cambiamento che una nuova tecnologia può portare.

    Infine, Untouchable, fa riferimento alla sempre crescente dipendenza dalla tecnologia e dall’energia. Giocando con il contrasto tra lo schermo tattile, le placche da cucina e la moka per il caffè, l’artista crea uno scenario estraniante in grado di sovvertire le nostre più radicate abitudini.

    Delfino Fidel (1998) ha studiato arte allo CSIA di Lugano. Dal 2021 studia Scienze dell’educazione presso l'Università di formazione per insegnanti a Berna. Attraverso il suo lavoro artistico Delfino Fidel mette in risalto alcuni aspetti della vita moderna come il nostro rapporto con la robotica e la tecnologia, riflettendo su come il digitale influisca sul nostro stile di vita e sulle nostre abitudini. L’umorismo è un mezzo espressivo rintracciabile in gran parte delle sue opere. Nella sua recente ricerca esplora da vicino le conseguenze della crescente integrazione della tecnologia nella nostra vita e dal rapporto che scaturisce tra analogico e digitale. I suoi lavori sono stati esposti presso: Blue Light curata da Bacio Collective (Berna, 2022), Visionesalotto (Bellinzona, 2021), Vision Art Festival 7 (Crans-Montana, 2021), Betweeen Street and Streetart, Maroggia Art Triennial (Maroggia, 2021).

  • THIS GUY è stato concepito come una natura morta simulata che utilizza dati in tempo reale sulle criptovalute per dare una presenza fisica agli investimenti finanziari. Seduto come se un pittore dovesse fare uno schizzo mentre contempla lo Zeitgeist, il personaggio rappresentato nell’installazione video THIS GUY esprime il malcontento nei confronti di se stesso e del suo ambiente. Circondato da una spiaggia pittoresca e raffigurante la "vita facile del privilegio maschile bianco", le pietre che fluttuano sopra la sua testa rispondono ai dati in tempo reale del mercato delle criptovalute: questa situazione esprime un mondo che può economicamente elevarsi al di sopra o crollare al di sotto, causando l'ansia di esistere nella nostra epoca attuale.
    La versione del video presente in mostra, in offline, evita consapevolmente la connettività dei dati e sposta l'attenzione sulla dipendenza da internet. Il personaggio ripete continuamente il processo di connessione alla rete per controllare il saldo del proprio conto in criptovalute. Questi tentativi infruttuosi creano un'estetica autonoma che incarna la disperazione e allo stesso tempo la speranza.

    Quarck (1992) è un artista svizzero tedesco, attivo tra Zurigo e Londra. Dopo aver conseguito una laurea in Game Design presso l'Università delle Arti di Zurigo, nel 2022 si laurea presso la Goldsmiths University of London con un Master in Arti Computazionali. Attualmente lavora come freelance nel campo della creazione di contenuti digitali e dei media interattivi. Le opere pubblicate con lo pseudonimo Quarck trattano diversi temi sociologici e l'interazione tra realtà e digitale. Con i suoi video e le installazioni partecipative, Quark sonda diversi argomenti tra cui la creazione di mondi digitali e le differenti interazioni che possono essere rilevanti per la vita quotidiana. Cardine della sua ricerca artistica sono il design e la creazione al computer, elementi chiave per la progettazione delle sue opere.
    Quark ha partecipato a numerose esposizioni tra le quali: Spectacle for later, Rio Cinema (Londra, 2022), Subsystems, Comparts Goldsmiths (Londra, 2022), The Non-Convenience Store, Kein Museum (Zurigo-Enge, 2022), Queering Games, Kein Museum (Zurigo-Enge, 2021), An Sich T, Galerie Mauritiushof (Bad Zurzac, 2019).

  • Le due fotografie che Mahalia Taje Giotto presenta per Ultra liquida fanno parte di un progetto installativo intitolato existential boner ed esposto come lavoro di diploma nel 2022 presso l'ECAL di Losanna. Existential boner è un lavoro sull'ossessione. L'ossessione dell’artista di essere un tutt'uno con il proprio corpo, l'ossessione di potersi identificare con il proprio corpo e di trovare il proprio posto nella società. Attraversando diverse fasi di trasformazione fisica – dalle scritte sulla pelle da bambina ai tatuaggi quando era maggiorenne, passando per i disturbi alimentari da adolescente – l’artista ha iniziato la sua transizione nel 2020 come ultimo tentativo di appropriarsi del suo corpo. Questo percorso identitario è al centro della sua riflessione artistica, che esprime i pensieri incessanti e caotici che lo guidano attraverso un gioco di sovrapposizioni. Come lo spray con cui scrive sulle proprie fotografie, un gesto artistico radicale e spontaneo. Con questa installazione, l'artista esplora i suoi desideri e la sua identità fluida, dando visibilità alla comunità LGBTQIA+.

    Mahalia Taje Giotto (1992) è un*artista visuale multidisciplinare, trans, non binario e DJ nei collettivi musicali In Situ e 33 Records. Dopo gli studi in Relazione Internazionali presso l'Università di Ginevra si avvicina al mondo della fotografia ottenendo nel 2022 un Master di Fotografia presso l'ECAL. Lavorando su tematiche come identità, sessualità, desideri e ossessioni, l’artista utilizza archivi, diari personali ma anche nuove immagini e testi come strumenti di auto-espressione per creare opere profondamente intime ed evocative. Esaminando i suoi desideri e sentimenti, Taje utilizza il suo lavoro per abbattere i tabù e aprire una conversazione diversa sul tema del genere e sulla sua costruzione all’interno della nostra società. Attualmente lavora come assistente presso l’ECAL. I suoi lavori sono stati e saranno esposti a: photoSCHWEIZ (Zurigo, 2023), Swiss Design Awards (Basilea, 2023), AMORCE, Jetée de la compagnie (Losanna, 2023), Together. La vie ensemble, Images Vevey (Vevey, 2022), Talent Days, ECAL (Renens, 2022).

  • Molto spesso le piante sono ritenute la frazione più graziosa e ornamentale della natura, e la connessione tra uomo e pianta si riduce a un caduco consumo o a una breve passeggiata nel parco per la rigenerazione di mente e corpo. PLANTACENE II mira a sovvertire questo ideale. Le piante dominano infatti la biomassa totale del pianeta terra e svolgono oggi un ruolo essenziale nelle discussioni etiche, politiche, ecologiche e sociali. Il loro potere effettivo va ben oltre la loro funzione estetica o biologica. Con urgenza si delinea così il desiderio di comunità funzionali basate sulla convivenza di differenti specie in risposta agli effetti devastanti della attuale epoca geologica, l'Antropocene. Sviluppandosi utopicamente dal termine Planthroposcene – coniato nel 2016 dall'antropologa canadese Natasha Meyers – il concetto di Plantacene mira a reinventare il rapporto tra piante ed esseri umani, fornendo le basi per una nuova epoca geologica popolata unicamente dalle piante. Grazie ad una grande immagine panoramica proiettata in movimento, un gioco suggestivo di specchi e un design sonoro basato sul principio di armonizzazione universale delle frequenze, l'installazione multimediale di Lepori ricrea un ambiente ciclico fortemente vitale ed evocativo. Mostrandosi in maniera frammentaria negli spazi contemporanei in rovina, il mondo vegetale si presenta come un effimero ologramma che pone le forme di vita non umane e gli ecosistemi al centro della contemplazione artistica.

    Mirta Lepori (1995) è un’illustratrice e artista ticinese attualmente attiva a Lucerna. Nel 2020 si diploma presso HSLU di Lucerna con un Bachelor in Comunicazione visiva con specializzazione in illustrazione. Nel 2022 porta a termine, sempre presso la scuola d’arte di Lucerna, un Master in Fine Arts and Critical Image Practices. La pratica artistica di Lepori è fortemente legata al disegno, ma può assumere forme diverse godendo di dinamicità e di libertà espressiva. Traendo ispirazione principalmente dalla letteratura e dalla natura che la circonda, Lepori riflette sulla propria relazione con gli altri esseri viventi, interrogandosi sulla comprensione del mondo vegetale nella cultura occidentale e sulla coesistenza tra differenti specie. Lepori ha partecipato a numerose esposizioni sia in Svizzera, sia all’estero, tra le quali: Incanti, in collaborazione con il Festival del libro (Muralto, 2023), Disseminati, Spazio Piera (Trento, 2022), Saluti dal Ticino, in collaborazione con Ticino Turismo e Creattivati (Lugano, 2022), Fumetto Festival (Lucerna, 2021), Der Sorgenspiegel. Ein gezeichnetes Drama, in collaborazione con il Festival Internazionale del Cinema d’Animazione Fantoche (Baden, 2021).

  • The Strange Case of Structure and Volume (2017–2023) è la trascrizione fisica di un articolo critico scritto da Elena e Sofia Lurati nel 2021, in cui vengono interrogate le diverse identità possibili all’interno di un'entità costruita. L’idea di questo articolo nasce da un progetto eseguito da Elena Lurati nel 2017 al politecnico di Zurigo, nell’atelier “Ruinen und Maschinen” tenuto dal Professor Christian Müller Inderbizin insieme all'artista Shirana Shabazi. Basandosi sulle diverse esplorazioni letterarie dell'identità umana, attraverso l’esempio de Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886) di Robert Louis Stevenson, Elena e Sofia Lurati si interrogano se la stessa idea di dualità all'interno del “sé” possa essere trasposta in architettura, declinando il tema delle rovine in nel campo architettonico a quello dell’identità umana (e non). Il risultato di questo studio ha portato alla realizzazione di una maquette e una fotografia.

    Elena Lurati (1991) è un’architetta ticinese che attualmente vive e lavora a Zurigo. Dopo il Bachelor in architettura presso l’EPFL di Losanna, consegue un Master sempre in architettura all’ETHZ di Zurigo. Nel corso della sua formazione accademica partecipa a diversi atelier realizzando dei progetti basati su tematiche come la sostenibilità, l’utilizzo di materiali alternativi nella realizzazione di un progetto architettonico e le questioni di identità e di funzionalità di un edificio. I suoi progetti sono stati esposti a: Fragments of Utopia, Book Launch, exhibition design for BachMühleFuchs (Zurigo, 2021), SuperMercato - 5 Markets for social integration, (Bologna, 2017). Dal 2020 è tutor per la Summer School Ticino di HSLU x i2a.

    Sofia Lurati (1996) è una storica dell’arte ticinese formatasi presso l’università di Losanna e alla Sorbona di Parigi. Attualmente sta conseguendo un Master in Curatela presso l’Istituto di educazione superiore d’arte (IESA) di Parigi. La sua pratica di ricerca e le sue aree d’interesse ruotano principalmente attorno al carattere interdisciplinare dei campi di progettazione architettonica e della ricerca urbana, lo sviluppo sostenibile delle città e delle società. Attualmente sta lavorando a una mostra collettiva in collaborazione con Aware (Archives of Women Artists, Research, & Exhibitions, Parigi) e a una mostra monografica sull’artista brasiliano Leto William.

    Sofia ed Elena Lurati collaborano a progetti e testi comuni sulle pratiche architettoniche. Nel 2021 co-redigono e pubblicano in “L’atelier magazine”, rivista d’architettura dell’EPFL di Losanna, l’articolo intitolato The Strange Case of Volume and Structure.

  • Phone Archaeology è un'installazione interattiva che ripercorre l'evoluzione dei telefoni cellulari posseduti dall’artista svizzero romando e i loro contenuti. Tramite un computer presente in mostra, il pubblico può accedere a un archivio digitale elaborato dall’artista, scoprendo così parte della vita privata di Masson che è stata digitalizzata, speculata e recuperata. In contrapposizione all’aspetto più tecnologico dell’installazione, questa memoria – che tende a essere obsoleta – è stata fissata nel silicio e simboleggia una storia di ricordi lasciati dietro di sé ogni volta che si sostituisce o si cambia dispositivo telefonico.
    La ricerca di Phone Archaeology evidenzia così una riflessione sui nostri dati. La questione del recupero di essi è intrinsecamente legata all'archiviazione digitale e all'obsolescenza programmata. Mentre l'astrazione di un file digitale può sembrare senza tempo, il pericolo imminente di perdere ancora più ricordi ci costringe a riflettere sula modalità della loro archiviazione.

    Achille Masson (1994) è un artista losannese. Dopo aver conseguito un diploma in media design, ottiene la maturità artistica presso il CEPV (Centre professionnel du Nord vaudois) e un Bachelor in Media & Interactions design presso l’ECAL. La sua pratica artistica si sviluppa attorno alle nuove tecnologie e alle riflessioni che ne derivano, interessandosi particolarmente alla questione della raccolta dei dati personali e alle deviazioni tecnologiche che caratterizzano i nostri giorni. I suoi lavori sono stati esposti a: Breaking The Virtual, Le Cabanon (Losanna, 2022), Festival Palais augmenté (Parigi, 2021), Festival Mapping (Ginevra, 2021), Lausanne lumières (Losanna, 2020). Attualmente lavora come assistente presso l’ECAL di Losanna.